Ha firmato la lettera di dimissioni e scritto una lettera ai dipendenti.
Davide Corritore, a 2 anni dal suo insediamento si è dimesso da
direttore generale lasciando il posto a Giuseppe Tomarchio. Un avvicendamento «lungo» nel senso che c'è da gestire un complesso passaggio di consegne per le tante partite in corso.
Dimissioni volute o un po' forzate?
«Mesi
fa ho espresso al sindaco il desiderio di innovare il percorso futuro
in previsione di metà mandato, in coerenza con il mio profilo
progettuale. Il sindaco ha compreso e condiviso, e si è deciso in piena
armonia di avviare la ricerca di un nuovo dg».
Lascia Palazzo Marino?
«Innanzitutto
garantirò il passaggio di consegne al nuovo dg, contribuendo anche alle
partite in corso: Sea handling, Serravalle, l'impegno con l'assessore
Balzani ad identificare nuove risorse di investimento in un momento
difficile per le criticità di bilancio. Del mio impegno successivo ne
potremo parlare a settembre».
Si dice che cambia percorso perché ci sono frizioni in giunta. Vero?
«In
giunta c'è stata solo dialettica, ed è un fatto strutturale in un
sistema normativo barocco che regola male gli equilibri tra chi
indirizza le scelte (la politica) e chi la esegue (la struttura
organizzativa). Ma alla fine ciò che conta è il rapporto personale e da
questo punto di vista la condivisione di anni di esperienza con il
sindaco e diversi assessori e compagni di viaggio ha reso le cose più
semplici».
Ha avuto qualche volta la tentazione di mollare tutto?
«Gestire
l'amministrazione in una fase di crisi così grave significa vivere in
trincea. Ma funziona sempre come antidoto il ricordo dei 350.000
cittadini che con il loro voto hanno consentito l'esperienza in corso».
A chi sostiene che il sogno arancione sia sfumato cosa risponde?
«Rispondo
che nella grave crisi economica e di bilancio che si sta vivendo, mi
sarei aspettato una certa crisi di fiducia che non vedo. Credo che si
capisca che a Milano governa gente per bene: questa è una pepita, in una
fase in cui la politica è tanto vituperata».
Prima di lei ci sono stati altri cambiamenti in giunta in posti strategici: la squadra non ha funzionato come si credeva?
«La
politica non è diversa dall'hockey: durante la partita si possono
cambiare le linee e i giocatori. Ma ciò che conta è il risultato finale.
Perché questo vogliono i tifosi, che nel caso specifico sono i
cittadini che vogliono una buona amministrazione».
Ha qualche rammarico? Pentito di qualche scelta fatta?
«Se
tornassi indietro promuoverei fin da subito un'azione massiccia per
fare crescere nell'amministrazione le nuove generazioni, chiedendo a chi
ha più esperienza di farsene tutori».
Le cose invece di cui va fiero?
«Un'esperienza
intensissima per il rapporto con i lavoratori. Da questo sforzo è nata
la transazione sui derivati che l'anno scorso ha generato, dopo anni di
battaglie e mesi di trattative durissime con le banche, un pacchetto di
nostra proprietà di quasi 500 milioni di euro, a cui si aggiungeranno
nei prossimi 22 anni centinaia di milioni di interessi. La soddisfazione
non è solo per la cifra, ma anche per la durata dei suoi effetti».
Lei aveva promosso anche la rete wi-fi gratuita. Che fine ha fatto?
«L'operazione
Open wi-fi è partita e, con il semplice passaparola, senza un euro di
pubblicità, abbiamo già raggiunto gli 85 mila navigatori registrati.
Entro agosto, secondo le tendenze inerziali, i registrati saranno più di
100 mila. E si può prevedere, con la recente decisione del governo di
eliminare gli obblighi di registrazione dei navigatori, un boom futuro
di navigazione, capace di garantire ai giovani, ai cittadini e agli
expo-visitor del 2015 la piena libertà di connessione».
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