MILANO - La morte di Federica Iammatteo
sarebbe del tutto indipendente dal disegno che si era fatta tatuare due
giorni prima sulla spalla destra. Secondo il risultato dell'autopsia,
non ancora reso ufficiale, a ucciderla sarebbe stata una sepsi
meningococcica.
CHOC IRREVERSIBILE - «Come la storia clinica ed il drammatico esito ci avevano suggerito, ad uccidere Federica sembra proprio sia stata una sepsi meningococcica - spiega Massimo Galli,
professore di Malattie Infettive all'Università degli Studi di Milano e
direttore della Terza Divisione di Malattie Infettive all'ospedale
Luigi Sacco
-. Un evento molto raro in cui un’infezione da Neisseria meningitidis,
il meningococco, appunto, invade l’organismo e causa uno choc, in molti
casi irreversibile, prima ancora di manifestarsi come meningite. Di
fatto nessuna infezione batterica è in grado di avere un decorso
altrettanto fulminante in una persona giovane e sana». La sepsi
meningococcica è una delle evenienze più drammatiche che un medico si
possa trovare ad affrontare, per il senso di impotenza, frustrazione e
dolore che la accompagnano.
IL BATTERIO - «Il dover spiegare a genitori disperati
l’inspiegabile, e cioè che ancora oggi un’infezione ti può portar via un
figlio sano in poche ore, nell’impotenza pressoché assoluta della
medicina, è un'esperienza che ti segna professionalmente e umanamente,
difficile da reggere anche se tanto rara da essermi capitata non più di
due volte nei 35 anni di professione come infettivologo - aggiunge Galli
-. Le ragioni per cui alcune persone soltanto vengano colpite da questa
infezione non sono chiare. Il meningococco infatti è un batterio
comune, "albergato" nella gola di circa il 10% della popolazione e
"trasportato" da una persona all’altra, con una elevata probabilità per
ciascuno di noi di esserne portatore una o più volte nel corso della
vita». Il "trasporto" del meningococco - spiega l'infettivologo - è un
fenomeno dipendente dall’età, con tassi rapidamente crescenti a partire
dall’adolescenza e picco nei giovani adulti. Si ritiene che persone
geneticamente predisposte, con il concorso di fattori favorenti
ambientali (comunità chiuse, sovraffollamento) e climatici (da noi le
meningiti meningococciche sono più frequenti in inverno e in primavera)
possano sviluppare un’infezione meningococcica invasiva, che causa di
regola una meningite e molto più raramente una sepsi fulminante.
EVENTI RARI - Rispetto al gran numero di portatori, un’infezione
invasiva da meningococco è comunque un evento eccezionale. In Italia
l’incidenza delle meningiti è minore rispetto al resto d’Europa: circa
200-300 casi all'anno, pari a 3-5 casi per milione di abitanti. La
maggior parte delle segnalazioni proviene dalle Regioni del Nord. Almeno
2/3 sono casi isolati, ma dal 2001 al 2007 si sono registrati 48 volte
almeno 2 casi in trenta giorni nel raggio di 50 km. Non si sono comunque
osservate vere epidemie, come invece accade in Africa, nella cosiddetta
"fascia della meningite", che corrisponde alla fascia arida a sud del
Sahara. La letalità delle infezioni meningococciche invasive in Italia è
del 14% circa, come negli altri Paesi occidentali e comunque molto
inferiore a quella registrata nei Paesi poveri, dove i morti si sono
contati a migliaia. La letalità è condizionata dalla tempestività della
terapia, anche se in alcuni casi l’andamento dell’infezione nel caso di
sepsi non lascia il tempo per interventi efficaci. Come nel caso di
Federica.
VACCINO - Come difendersi? «Le persone che sono state a contatto
con un caso accertato devono sottoporsi a profilassi con antibiotici, ma
le speranze di eliminare in futuro il meningococco risiedono nel
vaccino - conclude Galli -. Vi sono tuttavia importanti ostacoli da
superare. Di Neisseria meningitidis sono noti 13 sierogruppi,
cinque dei quali sono responsabili della quasi totalità delle infezioni
invasive nell’uomo. Per quattro di questi esiste un vaccino efficace.
Non così per il quinto, il sierogruppo B, che è responsabile della
maggioranza delle infezioni invasive in Italia e in Europa. La
produzione di un vaccino per il sierogruppo B è ostacolata dalla
presenza nella capsula di questo ceppo di un polisaccaride molto simile a
quelli delle glicoproteine delle nostre cellule nervose. Per anni
questo ha impedito l’ottenimento di un risultato positivo. Per giungere a
un vaccino efficace che non causi pericolose reazioni contro le nostre
stesse cellule, i ricercatori si sono di necessità dovuti orientare a
formulare vaccini che immunizzino verso altre parti del meningococco.
Due diversi vaccini progettati con questi criteri sono attualmente in
avanzata fase di sperimentazione e uno è in attesa di approvazione.
Nella speranza che in un futuro prossimo non si debba più spiegare a dei
genitori disperati l’inspiegabile».
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