Una rapida successione di fatti (dalla follia criminale del picconatore
Kabobo alla rapina con le molotov in via della Spiga fino all'assedio
dei centri sociali a Palazzo Marino) sta creando un corto circuito
politico-mediatico sulla sicurezza a Milano. Episodi diversi non
collegati fra loro mettono in evidenza visioni contrapposte su militari,
polizia municipale e presidio del territorio lasciando immaginare una
città spaventata e indifesa di fronte a un'offensiva sulla quale è
difficile rispondere senza schierarsi. Eppure, nonostante gli allarmismi
e i richiami alle mimetiche, Milano resta ancora una delle più sicure
città italiane: polizia e carabinieri fanno del loro meglio, la rete
sociale funziona, i volontari sul territorio sono attivi, le parrocchie
di frontiera fanno argine al degrado.
Quel che non funziona a Milano, e si è visto in questi giorni, è la
bussola della politica finita nel gorgo dei detti e contraddetti, fino
allo sfogo di Franco D'Alfonso, uno degli assessori più vicini al
sindaco Pisapia: «La macchina comunale è un imbarazzante trabiccolo, con
noi al potere non è cambiato niente». Sentenza finale: «Questa giunta
politicamente è sola». Analisi spietatamente lucida in una fase
difficile della maggioranza arancione, appena uscita dal rimpasto che ha
modellato la nuova struttura di comando a palazzo Marino e che -
nonostante scuse di rito e pacificazione in corso - ridimensiona di
fatto il modello Milano. Un modello appannato, in una fase delicata per
le finanze del Comune, con i conti del bilancio da far quadrare (ci sono
400 milioni in meno) e i tanti sospesi da risolvere dentro e fuori
Palazzo Marino.
La sicurezza è uno dei problemi aperti in una città che dopo le promesse chiede i fatti,
una questione riesplosa con i tre poveri incolpevoli morti di Niguarda,
surriscaldata dal tam tam dell'opposizione che rimprovera alla giunta
l'eccesso di tolleranza nei confronti di rom e ambulanti, il suk
itinerante che staziona davanti ad ospedali, semafori e vie della moda.
Non si può colpevolizzare un sindaco per una rapina o un episodio criminoso,
ma la mancanza di risposte, per una maggioranza che aveva fatto della
partecipazione e dell'ascolto il programma vincente, sta diventando un
fattore di debolezza che incrocia un sentimento diffuso, sul quale ormai
si esercitano in tanti: che cosa sta facendo Milano nella crisi, quali
segnali offre al Paese, che strategia ha scelto per l'Expo sul
territorio dopo aver stracciato il programma dell'ex assessore alla
Cultura Boeri, liquidato con un fax in quattro e quattr'otto perchè
sgradito al sindaco?
«Milano tace, tace su tutto», scrive sul blog di Reset l'economista Marco Vitale,
sostenitore deluso della giunta di sinistra, che quasi rivaluta la
stagione di Albertini, «visibile e percepibile, pur con le sue teorie
sbagliate da amministratore di condominio. E questa è una cosa triste
che rattrista...».
Per intercettare il senso di marcia di Milano a due anni esatti dal voto,
con il nuovo cerchio magico attorno a Pisapia che ha nel vicesindaco
Ada de Cesaris l'assessore di punta, bisogna fare un'acrobazia
beckettiana: il clima, aggravato dalla crisi, è quello di Aspettando
Godot. "Possiamo andare?" chiede Vladimiro ad Estragone, "Si, andiamo",
risponde l'altro. Ma poi nessuno si muove. Lo stallo è il male oscuro di
una maggioranza che considera nemico chiunque si mostri in disaccordo
con le scelte (o le non scelte del palazzo). E questo vale per il
sovrintendente della Scala come per i vigili urbani che i cittadini non
vedono nelle strade: sono tremila, ma sembrano scomparsi.
Il caso sicurezza si innesta su una debolezza politica che la denuncia
dell'assessore D'Alfonso rende evidente. Anche se la pace finale con il
sindaco ammorbidirà tutto, resta sullo sfondo l'immagine «di una città
stanca, a volte impaurita, quasi affranta», dice un funzionario
comunale. Milano si porta addosso un senso di smarrimento sul quale è
doveroso e giusto interrogarsi. Perchè non è questo il suo ruolo: deve
reagire, trovare una rotta. E perchè le richieste dei cittadini anche su
una reale paura sottovalutata meritano risposte. Non si alzano muri nei
momenti difficili.
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